Gli scienziati hanno identificato una connessione significativa tra la predisposizione genetica al disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) e lo sviluppo della patologia del morbo di Alzheimer (AD), secondo un nuovo studio pubblicato su Molecular Psychiatry. Questa ricerca segna la prima correlazione scientifica definitiva tra ADHD e declino cognitivo, sollevando importanti domande sulla salute del cervello a lungo termine negli individui con ADHD.
Il disegno dello studio e i risultati principali
I ricercatori dell’Università di Pittsburgh Medical Center (UPMC) hanno analizzato i dati di 212 adulti cognitivamente sani di età compresa tra 55 e 90 anni. I partecipanti sono stati valutati per la predisposizione genetica all’ADHD utilizzando punteggi di rischio poligenico (ADHD-PRS), ma nessuno aveva una diagnosi formale di ADHD. Nel corso di sei anni, i partecipanti sono stati sottoposti a ripetuti test cognitivi, tra cui:
- Scansioni PET amiloide-β: per rilevare l’accumulo di placche amiloidi, un segno distintivo dell’AD.
- Analisi del liquido cerebrospinale (CSF): misurazione dei livelli di tau fosforilata (p-tau), un indicatore di danno neuronale.
- Scansioni MRI cerebrali: per tenere traccia dei cambiamenti nel volume e nella struttura del cervello.
- Valutazioni neuropsicologiche: valutazione della memoria, delle funzioni esecutive e di altre capacità cognitive.
Lo studio ha rivelato che gli individui con un rischio genetico più elevato per l’ADHD sperimentavano un maggiore declino cognitivo nel tempo, specialmente se mostravano anche segni di accumulo di placche amiloidi nel cervello. L’effetto combinato dell’elevato ADHD-PRS e della deposizione di amiloide è stato più dannoso per la cognizione rispetto a ciascun fattore preso singolarmente. Una maggiore predisposizione genetica all’ADHD è correlata a livelli elevati di p-tau nel liquido cerebrospinale, a una ridotta densità della materia grigia e atrofia cerebrale nelle regioni frontali e parietali, ma solo in individui con depositi di amiloide.
Perché è importante
I risultati sono significativi perché l’ADHD viene sempre più diagnosticato negli adulti (in particolare nelle donne) e si prevede che la malattia di Alzheimer aumenterà del 95% entro il 2050. Questa ricerca suggerisce che la vulnerabilità genetica all’ADHD può interagire con la patologia dell’AD, accelerando il declino cognitivo in alcuni individui. Lo studio evidenzia anche una lacuna critica nella ricerca attuale: la maggior parte degli studi genetici sia sull’ADHD che sull’Alzheimer si sono concentrati principalmente sulle popolazioni bianche, limitando la generalizzabilità.
Qual è il prossimo passo?
Il ricercatore capo, il dottor Douglas Leffa, sottolinea la necessità di ulteriori studi che monitorino gli individui diagnosticati con ADHD nel tempo per confermare il legame tra il disturbo e l’Alzheimer a esordio tardivo. Sottolinea inoltre l’importanza di includere popolazioni più diversificate nella ricerca futura per capire come la razza possa influenzare questa associazione genetica.
Proteggere la salute cognitiva
Sebbene la predisposizione genetica abbia un ruolo, i fattori legati allo stile di vita rimangono cruciali per la salute del cervello. Indipendentemente dallo stato di ADHD, gli individui possono mitigare il declino cognitivo:
- Mantenere controlli medici regolari.
- Evitare di fumare.
- Fare attività fisica regolarmente.
- Gestire la pressione sanguigna e la glicemia.
- Seguire una dieta equilibrata ricca di cibi integrali.
- Dare priorità al sonno.
- Rimanere socialmente impegnati.
Lo studio rafforza il fatto che il declino cognitivo è complesso e che un approccio proattivo che combini la consapevolezza genetica con scelte di vita sane è essenziale per la salute del cervello a lungo termine. Ulteriori ricerche affineranno la nostra comprensione di questa connessione, aprendo potenzialmente la strada a interventi mirati per proteggere la funzione cognitiva negli individui a rischio.
